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CHERASCO. 13 Aprile, Mercato dell'Antiquariato

Domenica 13 Aprile a Cherasco va in scena in Mercato dell'Antiquariato.

Ecco com'è, se non ci siete mai stati.

"I primi rumori rompono l’alba verso le cinque. Legni di banchi si aprono con tocchi metallici, stoviglie tintinnano lievi e in pericolo, appoggiate da mani esperte sul lino candido, i furgoni lentamente si allontanano. Da sotto le facce serie esce una battuta o la proposta di un caffè, perché ci vuole prima di iniziare il mercato e perché dopo tanto tempo ci si conosce e si sa che la faccia delle cinque non è quella vera. Già a quest’ora si avvistano al volo i veterani, che arrivano prima del sole e alle sette son già di ritorno, mercato finito, con il loro bottino di sedie, cornici, cassapanche tra le braccia. Li portano come bambini. Alcuni hanno un carrello ma i più li portano in braccio, il loro beni preziosi recuperati dopo trattative accalorate, sbuffi, e smorfie di stizza, giri e ritorni, prima che il mercato diventi per tutti e si riempia di profani usano la curiosità dove la conoscenza non arriva. Ma loro, i veterani, ormai sono già andati. Mandato giù il caffè, si passa ai dettagli. Nemmeno un vinile graffiato, nemmeno libro da un euro è buttato lì a caso. Proporzioni, colori e storie da raccontare, questo si guarda. Vendere al mercato non è mica un negozio. E’ raccontare una storia. Fare rivivere ancora, a parole e con gli occhi, quello che il pezzo ha vissuto già prima. Era di una famiglia nobilissima di Torino. Stava al braccio della bisnonna “serventa” che lo avuto in dono dalla padrona. Serviva per fare il burro in casa, non si ricorda sua nonna? Le storie. Vogliono le storie, e allora le storie bisogna dargliele. Il tavolo lucido davanti, quasi in mezzo al passaggio, come lo specchio. Chi non si ferma un momento e controlla se è tutto a posto e se l'immagine che rimanda, alla luce vera, è quello che uno pensa di essere? Adesso si va sempre più fino, bisogna sistemare il banco. Il lenzuolo di tela di casa è lindo, i vecchi orologi da taschino lo increspano appena con le catenelle. I gioielli disposti nella vetrinetta riflettono gioventù di bellezze passate e mai appassite, sanno di appuntamenti al Valentino, di balli accennati sulla musica saltellata dal giradischi, di seriose gonne a tre quarti. I piatti sono spaiati, come si conviene a qualcosa di impreciso e prezioso. I bicchieri raccontano patti, partite a scopa e bevute nei prati. Le medaglie non brillano più, e stanno lì appoggiate a decorare di oro e argenti la stoffa stropicciata che le sostiene. Le sedie impagliate attendono che nuovi occhi e nuove mani si posino su di loro, per assistere, ancora a solenni contratti notarili e a sonore cene in famiglia, con tagliatelle con sugo di lepre e bagnetto verde a colorare le acciughe. Andare e venire è tutto quello che si vede, qui seduti da dietro al bancone. L'occhio predatore si distingue da quello di svago e si sa quando insistere e quando lasciare andare. Il pranzo è uno sfizio, la compagnia sono i caffè, le facce che scorrono e le opinioni dei vicini di banco. I temi sempre gli stessi, quando va in scena il mercato. La gente, che è di più, che è di meno, la roba, se è bella o se no, e il tempo, solo che il tempo tenga. Il pomeriggio è in regno del nulla spesso, la giornata alle due è decisa. Dopo arrivano solo gli svagati e per loro il mercato è un gelato, due passi col cane e bella roba vecchia ma sporca. Si avvicinano, sogghignano, toccano. Chiedono il prezzo, ma così, si sa e di vede, per vezzo e poi via. Un altro caffè, dal thermos o da offrire, e poi con sollievo o con stizza, a seconda, si inizia la danza al contrario. Le tazze spariscono avviluppate in carta di giornale, i piattini da thé si impilano diligenti in alte colonne, le cornici si lasciano imbottire e, come erano comparse, escono indietreggiando verso le quinte, insieme ad austere zuppiere e stilose borsette. Tintinii di stoviglia e fruscii di stracci anticipano i colpi secchi dei banchi che chiudono. Poche battute disturbano a quest’ora il mercato che esce di scena. Ogni cosa al suo posto nel furgone, la stretta di mano è affrettata, tanto non ci si perde mica di vista, ché Cherasco è sempre qui, e la strada al ritorno sembra sempre più lunga."

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